riforma_giustizia_minori

Intervista all’Avvocata Barbara Felici sulla riforma del tribunale dei minori

La riforma della giustizia in discussione al Senato prevede l’accorpamento dei tribunali per i minori agli altri già esistenti. Un disegno che ha sollevato molte critiche. Intervista all’avvocata Barbara Felici

Aumentare l’efficienza e abbattere le lungaggini dei processi, queste le motivazioni con cui è stata proposta la riforma della giustizia minorile attualmente in discussione al Senato. Eppure il progetto ha scaturito dure critiche da parte di magistrati e costituzionalisti, oltre che di associazioni e operatori del settore, ultima la bocciatura arrivata ieri dal Consiglio d’Europa. Ne parliamo con Barbara Felici, avvocata di Differenza Donna, associazione per cui da anni segue casi di violenza domestica e famiglie disfunzionali. Barbara si definisce “un’operaia del diritto”. Dopo una laurea con Stefano Rodotà sull’adozione da parte di singol e coppie omosessuali e una formazione specializzata in tutela del minore, studi di genere e pari opportunità, dal 1999 si occupa esclusivamente di giustizia minorile.

A che punto è la riforma e cosa cambierebbe rispetto a prima se venisse approvata?

Il disegno di legge che prevede la riforma del tribunale dei minori è stato approvato alla Camera ed è ancora in discussione alla commissione giustizia in Senato. L’idea della modifica si inscrive in un progetto più generale di aumentare l’efficienza dei processi, soprattutto del processo civile. Un’efficienza che però spesso è intesa in termini di tempo, perché quello che si contesta alla giustizia italiana è la lungaggine dei processi. All’interno di questo minestrone sono stati inseriti anche i procedimenti che riguardano i minori e così si è immaginato che la soluzione potesse essere quella di accorpare tutte le funzioni del giudice minorile all’interno dei tribunali che già esistono, quello civile e quello penale. Per capire l’effetto che avrebbe sulla giustizia bisogna però prima capire cos’è e come funziona il tribunale dei minori.

Può cercare di illustrarci in breve come funziona attualmente il tribunale dei minori?

Attualmente è un’istituzione che si discosta da tutti gli uffici giudiziari. È stata istituita nel 1934 e quindi ha una lunga vita ormai e una approfondita specializzazione sul diritto minorile, sia per quanto riguarda l’aspetto penale che civile. Il tribunale dei minori si occupa sia dei minori coinvolti in procedimenti penali, quindi che in qualche maniera hanno avuto delle condotte criminose, sia dei minori coinvolti in situazioni familiari disfunzionali. L’intervento, sia in ambito penale che civile, è di tipo preventivo, di supporto e tutela. L’organico del tribunale dei minori è composto da personale che proviene da una carriera magistratuale – laureati in giurisprudenza che hanno poi fatto concorso in magistratura – ma anche da tantissime figure di giudici onorari, quindi professionisti specializzati in tutte le discipline che riguardano l’età evolutiva – psicologi, psichiatri, pediatri, sociologi. Si tratta di una caratteristica unica, nessun’altra struttura giudiziaria prevede questa componente mista e ultracompetente rispetto alle tematiche trattate. Tutte le decisioni sono prese collegialmente e quindi non è sempre e solo il presidente a decidere, ma è il presidente con un magistrato e un giudice onorario, proprio per restituire la dimensione paritaria della parte psicologica e della parte giuridica. Qualcosa che crea una giustizia diversa, un approccio di tipo umanistico che va a smussare le rigidità giuridiche.

Per fare un esempio pratico?

Per esempio, tutto quello che riguarda l’apparato penale dei minori esclude l’ipotesi punitiva tout court e invece riguarda la rieducazione.

Come inciderebbe quindi la riforma sulla giustizia minorile?

Intanto non garantendo l’autonomia, perché ci si inserirebbe in un tribunale già esistente con una gerarchia e delle funzioni già date e quindi ci sarebbe il rischio di perdere la peculiarità e l’ultraspecificità. Queste infatti non sono al centro della riforma, che lascia invece da parte sia la specificità delle competenze necessarie per seguire i minori, che quella dei processi minorili stessi, sia civili che penali. Questi processi richiedono tempi lunghi, misurati sulle persone. La riforma si muove verso un accentramento delle competenze nelle mani dei tribunali civile e penale. Certo, è prevista la presenza di uffici specializzati, che però non manterrebbero tutto un patrimonio di saperi e competenze. Si andrebbe piuttosto incontro allo smembramento di un sistema che fino a oggi ha funzionato. L’inefficienza, quando c’è, è più dovuta a una crisi economica e culturale che strutturale, il tribunale per i minori in sé è un tribunale che funziona bene. E lo posso dire lavorandoci costantemente e avendo avuto la possibilità di capirne dall’interno i meccanismi.

C’è poi la questione delle normative che gestiscono i diversi processi, e del ruolo degli avvocati. 

Sì. Il processo civile nel nostro paese si basa su fondamenti diversi da quelli finora adottati dalla giustizia minorile, dove ad esempio gli avvocati devono svolgere un ruolo di facilitatori, cercando di conciliare l’esigenza del tribunale con quelle delle persone seguite, mettendo i due interlocutori in facile comunicazione. Nel tribunale civile l’avvocato deve fare invece un po’ “lo squalo”, portare le prove, essere pronto a controdedurre, mettersi in contrapposizione con il giudice. È il contrario di quello che avviene dentro al tribunale dei minori, dove bisogna individuare la logica che sottende il lavoro del tribunale e aiutare le persone a starci dentro. La nostra giustizia minorile è considerata anche a livello europeo molto all’avanguardia. La multidisciplinarietà è un punto di forza, perché garantisce l’attualità delle questioni trattate, i punti di vista diversi, l’aspetto relazionale ed emotivo.

Da cosa sappiamo che il tribunale civile non sarebbe in grado di svolgere un ruolo sufficiente per i processi che riguardano i minori?

Già adesso c’è una parte di competenze che prima era solo ed esclusivamente competenza del tribunale dei minori e che dal 2014, a seguito della riforma che ha equiparato i figli naturali ai figli leggittimi, ha dato anche competenza al tribunale civile di occuparsi della cessazione delle convivenze che prima erano di competenza del tribunale per i minorenni. Il tribunale civile zoppica su queste storie, perché costretto ad applicare la stessa normativa che vige nel caso di una famiglia che nasce dal matrimonio, con tutte quelle noiosissime questioni che regolano poi separazioni e divorzi, a situazioni che spesso però hanno altre conseguenze, e dove l’aspetto emotivo non è affatto banale. Il tribunale minorile ha strumenti tecnici per seguire questi casi, e un apparato di acquisizione delle prove che è istituzionale: i servizi sociali, i centri per la famiglia, i centri antiviolenza, la procura, i commissariati, la scuola. Inoltre, una delle caratteristiche del tribunale dei minori è il grande ruolo d’impulso e d’intervento: la procura del tribunale dei minori è un posto dove si può andare per segnalare una situazione, chiedere un supporto, è molto più vicina ai cittadini rispetto a come può essere un tribunale civile o penale.

Questi cambiamenti quale impatto avrebbero sulla vita delle donne?

Una riforma che interviene sulla vita dei minori interviene inevitabilmente sulla vita delle donne che stanno accanto ai minori. Il collegamento è diretto. E l’impatto sulla vita delle donne sarebbe assolutamente negativo. All’interno del tribunale dei minori il ruolo di supervisione ce l’hanno le istituzioni, come è giusto che sia in situazioni dove c’è stata una disfunzionalità familiare. Penso alle donne che hanno subito violenza e ai loro minori, è giusto che se ne debba occupare lo Stato anche a livello di supporto all’interno del processo. Perché la violenza è un problema dello Stato, e quindi di tutti. A un livello di pratiche, poi, si tratta di un ambiente in cui è possibile interloquire più agevolmente. Noi per esempio per i centri antiviolenza con il tribunale dei minori abbiamo stilato un protocollo, facciamo formazione, abbiamo uno sportello all’interno per aiutare le donne a sapere come è meglio muoversi, è più facile che circoli la cultura che vogliamo venga acquisita. In una situazione processuale in cui invece la prova che devi portare è privata, è ovvio che tutto decade. Consideriamo anche solo la questione dell’identificazione nella violenza assistita, anche in questo caso all’interno del tribunale dei minori l’interlocuzione per le donne sarà più facile.

Articolo di Claudia Bruno pubblicato su 
http://www.ingenere.it/articoli/tribunale-minori-riforma-sbagliata

TAGS

Ti potrebbe interessare anche..