Il Comitato Cedaw il 18 Luglio 2022 riconosceva nei pregiudizi sessisti, diffusi all’interno dei tribunali italiani, una violazione del principio dell’uguaglianza delle donne davanti alla legge
20 Luglio 2023
IL COMITATO CEDAW IL 18 LUGLIO 2022 PUBBLICAVA LA DECISIONE RESA NEL CASO F. c. ITALIA (148/2019) RICONOSCENDO CHE GLI STEREOTIPI E I PREGIUZI SESSISTI DIFFUSI NEI TRIBUNALI ITALIANI VIOLANO IL PRINCIPIO DELL’UGUAGLIANZA DELLE DONNE DAVANTI ALLA LEGGE.
Il Comitato Cedaw ha ribadito che laddove non c’è consenso c’è sempre violenza sessuale; pertanto, il reato deve essere modificato e devono essere adottate misure di prevenzione di stereotipi sessisti che pregiudicano l’uguaglianza delle donne dinanzi alla legge
Ormai un anno fa il Comitato CEDAW ha accolto il nostro ricorso F. c. Italia iscritto al n. 148/2019 e ha riconosciuto che l’Italia ha violato gli articoli 2 (b)-(d) e (f), 3, 5 e 15 della CEDAW nei confronti di una donna che, già vittima di violenza domestica, aveva subito uno stupro da un agente delle forze dell’ordine incaricato delle attività di indagini in corso sui maltrattamenti subiti dall’ex marito.
Il Comitato CEDAW ha ritenuto che il trattamento riservato alla donna prima dalla corte d’appello di Cagliari e poi dalla Corte di Cassazione non ha garantito “l’uguaglianza sostanziale della donna vittima di violenza di genere”.
Il trattamento riservato alla donna dall’autorità giudiziaria nasconde infatti, secondo il Comitato CEDAW, “una chiara mancanza di comprensione dei costrutti di genere della violenza contro le donne, del concetto di controllo coercitivo, delle implicazioni e delle complessità dell’abuso di autorità, compreso l’uso e l’abuso di fiducia e l’impatto dell’esposizione ai traumi successivi”.
Secondo il Comitato, inoltre, sono state ignorate le vulnerabilità e le esigenze specifiche della donna vittima anche di violenza domestica.
Il Comitato dinanzi alla difesa articolata dallo Stato italiano, che ha rivendicato “sforzi significativi per implementare iniziative sulla parità di genere”, ha sottolineato che se non si riconosce l’esistenza degli stereotipi sessisti e non si intraprendono azioni determinate per rimediare ai pregiudizi diffusi, qualsiasi modifica legislativa è vana, in quanto inaffidabile “per cambiare la realtà delle donne, che sono vittime in modo sproporzionato di violenze e abusi, che possono lasciare cicatrici (a volte invisibili) per tutta la vita e a livello intergenerazionale”.
Il Comitato sottolinea che le sentenze di assoluzione nel caso di specie si sono basate su “percezioni distorte e su miti e convinzioni preconcette, piuttosto che su fatti rilevanti, che hanno indotto la Corte Regionale e la Corte Suprema di Cassazione a interpretare o ad applicare in modo errato le leggi, minando così l’imparzialità e l’integrità del sistema giudiziario e producendo un errore giudiziario e la rivittimizzazione della donna”.
In accoglimento delle nostre argomentazioni, il Comitato CEDAW ha ricondotto le violazioni al fatto che gli stereotipi sessisti prosperano in sede giudiziaria in ragione di una legislazione, come quella italiana, che non identifica chiaramente il consenso come elemento centrale e determinante della violenza sessuale.
I pregiudizi e gli stereotipi sessisti hanno lasciato spazio a interpretazioni contrastanti e dannose, basate su norme e preconcetti culturali che hanno negato alla donna un accesso paritario alla giustizia, non hanno assicurato l’adeguata protezione, ma l’hanno ripetutamente sottoposta a discriminazioni e ri-traumatizzazioni.
Misure raccomandate
Il Comitato ha raccomandato, come misura specifica nei confronti della donna, l’integrale riparazione del danno morale e sociale a lei cagionato a causa dell’omessa riparazione e protezione anche in quanto vittima di violenza domestica.
Sono sati riconosciuti, inoltre, i danni specifici conseguenti all’accettazione degli stereotipi e i miti basati sul genere da parte dell’autorità giudiziaria di merito e della Corte di cassazione.
Il Comitato ha deliberato anche misure di ordine generale che lo Stato deve adottare con urgenza e che riguardano la risposta legislativa e giudiziaria del nostro ordinamento dinanzi alla violenza di genere e sessuale.
Sono state accolte, infatti, le nostre richieste di adottare misure efficaci per garantire che i procedimenti giudiziari relativi ai reati sessuali siano portati avanti senza ritardi ingiustificati e di garantire che tutti i procedimenti giudiziari relativi a reati sessuali siano imparziali, equi e non influenzati da pregiudizi o stereotipi di genere, indicando una vasta gamma di misure correttive rivolte a tutti i livelli del sistema legale.
Tra queste sono indicate la formazione adeguata e regolare sulla CEDAW, sul Protocollo opzionale e sulle raccomandazioni generali del Comitato, in particolare sulle raccomandazioni generali n. 19, 35 e 33, per i giudici, gli avvocati e il personale addetto all’applicazione della legge.
È stato raccomandato inoltre di fornire programmi di formazione specifici per la magistratura, per l’avvocatura e le forze dell’ordine, il personale medico e tutte le altre parti interessate, con la finalità di far comprendere le dimensioni legali, culturali e sociali della violenza contro le donne e della discriminazione di genere.
Il Comitato raccomanda di sviluppare, implementare e monitorare strategie per eliminare gli stereotipi di genere nei casi di violenza di genere, che approfondiscano i danni prodotti dagli stereotipi e pregiudizi mediante ricerche basate sull’evidenza e l’identificazione delle migliori pratiche.
Ulteriore raccomandazione del Comitato, che noi riteniamo cruciale, è quella di predisporre un sistema di monitoraggio e analisi delle sentenze delle tendenze del ragionamento giudiziario, predisponendo anche meccanismi di denuncia e controllo dei casi di stereotipizzazione giudiziaria.
Ciò significa che magistratura, avvocatura e tutti coloro che agiscono nella qualità di agente statale (forze dell’ordine, servizi sociali, personale socio-sanitario ecc.) e fanno ricorso a stereotipi e pregiudizi sessisti nel loro operato, ne debbano rispondere.
Infine, a distanza di ventisei anni dalla riforma dei reati sessuali, l’Italia riceve la raccomandazione di modificare il reato di violenza sessuale eliminando ogni riferimento a condotte di violenza o minaccia e di garantire la centralità del consenso della vittima “come elemento determinante” del delitto.
L’onere della prova del consenso deve essere posto, inoltre, a carico dell’imputato che, nell’invocare la difesa, deve dimostrare “la convinzione fondata di un consenso affermativo da parte della donna”.
L’Italia entro sei mesi avrebbe dovuto procedere all’implementazione delle raccomandazioni e procedere alla riparazione specifica dei danni causati alla donna promotrice del caso e alla riparazione generale.
Nessuna iniziativa invece è stata adottata, le nostre lettere sono rimaste senza riscontro e, a fronte dell’indifferenza istituzionale, le più recenti sentenze in tema di violenza di genere e sessuale così come il trattamento discriminatorio riservato in generale alle donne sia dinanzi ai tribunali penale sia dinanzi a quelli civili dimostrano che in Italia non v’è giustizia giusta per le donne.
Roma, 18 luglio 2023
Dr.ssa Elisa Ercoli, Presidente Associazione Differenza Donna
Avv.a Maria Teresa Manente, responsabile dell’ufficio legale Associazione Differenza Donna
Avv. Ilaria Boiano, avvocata Associazione Differenza Donna